venerdì, novembre 30, 2007

 

QUESTIONI DI GRAVITA'

Che cos’è lo Stato? Sconfortati dall’impossibilità di trovare, oggi come oggi, una qualche risposta decente ci affidiamo a questo sito dove rubiamo qualche definizione che riportiamo:
lo Stato è l’insieme del territorio del popolo e dell’apparato.
Che cos’è il popolo: Il popolo è l’insieme di persone formato dai cittadini. La parola "cittadino" è stata introdotta durante la rivoluzione francese in sostituzione della parola "suddito" per sottolineare che gli appartenenti alla comunità statale non hanno solo doveri ma anche diritti nei confronti dello Stato.
Forti di ciò possiamo andare aventi nelle nostre elucubrazioni. Abbiamo così scoperto, che secondo questa definizione noi cittadini abbiamo sia dei doveri sia dei diritti. Ma cosa regola tali diritti e tali doveri?
Possiamo dire, in linea di massima, la nostra Costituzione e nel dettaglio il corpus legis fin’ora emanato che regola e definisce cosa è permesso e cosa no e come viene punito ciò che non è permesso fare.
Senza addentrarci troppo su perché alcuni atti sono permessi e altri no, fiduciosi dell’assioma che se una cosa non è permessa è perché è stata generalmente giudicata negativa per l’individuo e/o per l’intera comunità/società, spostiamo la nostra attenzione piuttosto sul perché si punisce ciò che non è permesso fare. Diciamo abbandonando la filosofia e usando la logica, che si punisce, o meglio si dovrebbe punire, ciò che non è permesso fare, per impedire che tali azioni vengano ripetutamente compiute dagli stessi individui che le hanno compiute una volta e/o da coloro che ancora non le hanno compiute.
In che modo si punisce un individuo che ha compiuto un’azione che non è permesso compiere? Diciamo che si tende ad associare all’azione negativa una punizione direttamente proporzionale alla gravità dell’azione che non era permesso compiere ma che è stata comunque compiuta. Cioè, maggiore è l’accostamento di tale azione alla sfera che ne indica la gravità, maggiore risulterà la punizione indicata per chi ha compiuto questa azione.
Quale tipo di punizione si associa solitamente a tali azioni che non è permesso compiere?
Si tende generalmente ad accostare qualcosa che risulti sgradevole o comunque si tende a negare qualcosa che rientri nell’indice di quei bisogni considerati primari nell’essere umano. Se fossimo nel medioevo si accosterebbero tutte quelle punizioni che rientrano nell’ambito fisico/tattile dell’individuo (e ciò ci induce a pensare quanto fossero molto meno bui quei secoli di quello che generalmente si pensi), ma dato che, a quanto pare, siamo in pieno modernismo post illuminista, si preferisce associare un periodo di detenzione forzato, cioè si preferisce limitare o negare per un certo periodo di tempo più o meno lungo, a seconda della gravità dell’azione compiuta, quel bisogno di libertà di movimento, insito in ogni individuo.
Ma focalizziamoci su una di queste azioni vietate: l’omicidio. Sperando non sia necessario spiegare perché l’omicidio sia considerata un’azione negativa (in realtà a qualcuno dei nostri politici, tale spiegazione invece dovrebbe essere enunciata fino alla nausea dato che dalle loro azioni, come l’indulto, si comprende come non ne abbiano ancora capito la gravità), cerchiamo di capire, senza entrare troppo nel dettaglio a fronte di un omicidio volontario (esiste anche l’omicidio preterintenzionale e il doloso - Wikipedia) quale periodo di detenzione viene associato all’individuo reo di tale atto. Secondo l’articolo 575 del codice penale chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno (21).
Oh bella, ci viene spontaneamente da esclamare. Magari non è il massimo ma 21 anni di galera sono sempre 21 anni di galera. Così se uccidiamo qualcuno e riusciamo a farci dare 21 anni (la pena minima prevista) in realtà a causa della legge sul patteggiamento (o rito abbreviato), che il nostro buon avvocato avrà sicuramente richiesto se non ci sono dubbi alla nostra colpevolezza (cioè se non c’è modo di scamparsela) possiamo ricevere uno sconto di pena di un terzo, e così riuscire a ridurre la nostra bella pena di 21 anni a 14 (un terzo di 21 = 7. 21 meno 7 scontati = 14).
Però poi c’è la legge Gozzini che in breve per ogni anno di carcere permette al detenuto di guadagnare uno sconto di tre mesi salvo comportamenti scorretti. Perciò se stiamo buoni buoni in carcere alla fine di questi 14 anni ne sconteremo 10 e mezzo (14anni per i 3 mesi concessi per ogni anno = 42 mesi concessi in totale. Trasformando i 42 mesi in anni abbiamo 42 diviso 12 = 3,5 anni che sottratti ai 14 anni ricevuti fanno 14 meno 3,5 = 10,5 cioè 10 anni e 6 mesi).
A questo punto subentra il capolavoro, il deus ex machina di tutte le leggi sulla giustizia: l’indulto. Se abbiamo la fortuna di aver ucciso entro il 2 maggio 2006 rientriamo tra coloro che possono chiedere di usufruire dell’indulto. Così quei 10 anni e mezzo diventano 7 anni e mezzo (3 ce li condona amorevolmente l’indulto).
Perciò ora dovremmo scontare 7 anni e 6. Nemmeno per sogno, ci dice il nostro avvocato. Perchè quando arriveremo a meno 6 anni di pena sono previste (sempre dalla famigerata legge Gozzini) tutta una serie di alternative alla carcerazione totale come la possibilità di usufruire della semilibertà (di giorno fuori e rientro in carcere solo per pernottarvi) o addirittura alla possibilità di poter essere affidato ai servizi sociali (Previti docet).
Insomma tirando le somme se uccidiamo qualcuno e riusciamo a non farci dare l’ergastolo (che comunque in Italia è praticamente impossibile scontare) ce la caviamo con 1-2 anni di carcere, 3-4 anni di semilibertà e 2-3 anni di servizi sociali.
Alche ci viene spontaneo chiederci: ma la pena proporzionata alla gravità dell’atto dov’è?

F.to
Comitato contro indulto
comitatocontroindulto@gmail.com

mercoledì, novembre 21, 2007

 

SFORZO D'IMMAGINAZIONE

Immaginiamo di essere in un Paese dove il senso della giustizia ed anzi il concetto stesso di pena sono stati ridotti nei fatti a pura spazzatura verbale dalla sua intera classe politica/dirigente.

Ora immaginiamo di essere genitori e di essere riusciti a crescere dei figli, gioiendo ogni giorno della loro presenza, delle loro esperienze, del loro vivere quotidiano, consapevoli dei duri sacrifici che nel nostro immaginario Paese bisogna fare per crescere dei figli.

Immaginiamo che un nostro figlio insieme ad altri amici decida di fare una gita in moto. Chiamiamo questi quattro ragazzi immaginari dai 16 ai 18 anni, Eleonora Allevi, Davide Corradetti, Alex Luciani e Danilo Traini.

Immaginiamo ancora che un giorno un camionista rumeno (ma poteva essere anche italiano o di qualsiasi altra nazionalità) decida di mettersi al lavoro nonostante sia ubriaco marcio (con un tasso alcolico 6 volte superiore ai limiti di legge).

Continuiamo ad immaginare che durante la notte tra il 22 e il 23 aprile il conducente ubriaco del furgone (che chiameremo con un nome immaginario Marco Ahmetovic) di 22 anni, incroci questi quattro ragazzi e per loro sfortuna li investa uccidendoli (Qbr Magazine).

Immaginiamo lo strazio dei loro immaginari genitori. Cerchiamo di immaginare il profondo dolore. Per quanto sia assolutamente impossibile riuscirci proviamo a comprendere quali pensieri e quali sentimenti di profondissima rabbia possono aver sfiorato la mente di queste povere persone nel sapere che i loro figli sono stati assassinati (altra parola non descriverebbe l’accaduto) da un ubriaco al volante di un furgone.

Ora se si fosse in un Paese realmente esistente probabilmente questo camionista proprio a causa della sua decisione di mettersi alla guida di un furgone in stato di ubriachezza avanzata, sarebbe stato punito severamente con molti anni di carcere, e tale punizione sarebbe stata d’esempio a tutti coloro che decidevano di guidare un mezzo sotto l’effetto di stupefacenti e/o di alcool. Ma il nostro Paese immaginario non funziona in questo modo.

Proprio perchè questo Paese è immaginario, perciò non esiste le storie che al suo interno accadono sono strane ed impensabili. Ma continuiamo nella nostra storia immaginaria:
immaginiamo che un giudice decida di dare una pena di 6 anni e 6 mesi per omicidio colposo al ragazzo rumeno.

Immaginiamo che, dato che l’omicidio colposo, per quanto grave, in questo immaginario Paese non è mai (mai, mai, mai) praticamente punito, il rumeno venga posto agli arresti domiciliari e dato che non ha una casa fissa gli si permetta di scontare questa pena in un residence immaginario di San Benedetto del Tronto, ospite di Marco Fabiani, un amico immaginario italiano (Il Messaggero).

Se si fosse in un Paese reale già questo sarebbe abbastanza per comprendere in che tipo di Paese pazzesco e assurdo si sia capitati ma grazie al Cielo stiamo raccontando una storia accaduta in un Paese immaginario. Infatti non basterebbe l’indignazione di tutto il mondo per accettare quello che immagineremo più avanti:

Continuando nel nostro supremo sforzo d’immaginazione nel riuscire a raccontare una storia talmente assurda che mai combinazione di universi paralleli, per quanto infiniti, potrebbe riuscire a rendere possibile, immaginiamo che un bel giorno il rumeno decida di far fruttare a pieno il suo soggiorno obbligato e grazie ad uno squallido agente col nome immaginario di Alessio Sundas, possa anche permettersi di scrivere un libro sull’accaduto (libro che ha già tre opzioni per tre riviste immaginarie) e addirittura di diventare il testimonial di una futura immaginaria campagna di sensibilizzazione per scoraggiare la guida sotto l’influenza di alcool e droghe e per quanto immaginario ancora più incredibile che qualcuno si permetta di offrirgli 50.000 euro solo per posare con un paio di occhiali, a cui poi si andranno ad aggiungere quelli relativi ai jeans ed al vestiario per un contratto “faraonico” di 150mila euro per diventare testimonial della marca Romjeans (Pupia.TV).

Ora fermiamoci un momento, cercando di riprenderci dallo stordimento che tale storia per quanto immaginaria ha sicuramente suscitato in tutti noi. Respiriamo profondamente, scuotiamo leggermente la testa, riapriamo lentamente gli occhi, per riappropriarci del senso di realtà proprio della visione degli ambienti circostanti ed esclamiamo convinti più volte:

GRAZIE AL CIELO TUTTO QUESTO NON E’ MAI AVVENTUO NELLA REALTA’ PERCHE’ SIAMO IN ITALIA. GRAZIE AL CIELO TUTTO QUESTO NON E’ MAI AVVENTUO NELLA REALTA’ PERCHE’ SIAMO IN ITALIA. GRAZIE AL CIELO TUTTO QUESTO NON E’ MAI AVVENTUO NELLA REALTA’ PERCHE’ SIAMO IN ITALIA. GRAZIE AL CIELO TUTTO QUESTO NON E’ MAI AVVENTUO NELLA REALTA’ PERCHE’ SIAMO IN ITALIA...O NO?

F.to
Comitato contro l’indulto
comitatocontroindulto@gmail.com

giovedì, novembre 15, 2007

 

LA RESA

NON LI ARRESTO PERCHE' E' INUTILE
Il gip nega il carcere per 34 trafficanti: "Con queste leggi uscirebbero subito" (interamente tratto da La Stampa)

Di RAPHAËL ZANOTTI e GIUSEPPE LEGATO

TORINO. Nessuno lo penserebbe mai, ma dietro a cinque piccoli arresti per spaccio di sostanze stupefacenti si nasconde uno dei casi più interessanti d’Italia: un omicidio, tre sicari, un pentito, i rapporti della criminalità calabrese con quella di una grande città del Nord come Torino. E soprattutto un nuovo principio giuridico: quello che ha fatto dire, al giudice per le indagini preliminari Alessandro Prunas Tola, che altri 34 sospettati - il grosso della banda - non dovevano finire in manette. Non ne valeva la pena perché tanto in Italia, tra attenuanti generiche, riti alternativi, legge sull’indulto e semilibertà, nessuno avrebbe fatto un giorno solo di galera. Arrestarli sarebbe stata una perdita di tempo. Con tanti saluti ai due magistrati inquirenti e agli uomini del reparto operativo dei carabinieri che, dietro a quella banda, ci avevano lavorato per oltre tre anni. Da quel 14 gennaio del 2003.
L’omicidio Donà
Tutto ha inizio in quella fredda notte a Grugliasco, città alle porte di Torino, quando viene ritrovato il cadavere di Giuseppe Donà, 40enne disegnatore tecnico della Valeo di Pianezza. Gli hanno sparato tre colpi di pistola calibro 6,35. Nessuno, all’inizio, sa il perché. Donà sembra una persona per bene, tranquilla. Però in casa gli vengono trovati un chilo e 700 grammi di cocaina. Il disegnatore tecnico ha una seconda vita, eppure nessuno sembra conoscerla. I carabinieri del reparto operativo e il pubblico ministero che si occupa dell’omicidio, Roberto Sparagna, brancolano nel buio per un anno e mezzo. Fino a quando una pista arriva da una terra che sembra lontana mille miglia dalle fredde notti di Grugliasco: la Calabria. Un pentito legato alla ‘ndrangheta parla. E tra le sue ammissioni fa cenno anche all’omicidio torinese. Conosce delle persone. Persone che spesso venivano in Calabria a prendere cocaina ed eroina per portarla nel Nord. La pista è buona perché dopo poco viene arrestato Paolo Ammassari, un amico di Donà, sempre per droga. E le intercettazioni telefoniche portano a un altro personaggio: Giuseppe Amato, un artigiano di 46 anni con la fama da «duro».
Presi gli assassini
Giuseppe Amato viene arrestato il 5 luglio del 2006 insieme a un rumeno e 7 etti di cocaina. Attraverso lo straniero gli investigatori arrivano a Leonardo Cotrona, un commerciante di 40 anni di Collegno. Il terzo killer sarebbe Rocco Varacalli, 37 anni, il quale, messo alle strette, ammette: «Sì, ero anch’io lì. Ma ho solo assistito. Ci fu un acceso diverbio, poi Cotrona si allontanò con Donà facendomi segno di seguirli. Tirò fuori la pistola e sparò, uccidendo Donà». Una versione che, tuttavia, non convince completamente il pubblico ministero, che ha dalla sua parte un testimone: un uomo con precedenti, che non era sul luogo, ma a cui i tre un giorno si erano rivolti vantandosi di aver fatto fuori il disegnatore della Valeo. Alla fine il pm ha dunque contestato a tutti e tre l’omicidio volontario.
Un fiume di droga
Dall’inchiesta sul delitto nasce il filone d’indagine sul traffico di stupefacenti. Cinquanta telefonini cellulari sotto controllo, centinaia di pedinamenti, filmati. Nella città della Mole il gruppo riesce a piazzare sul mercato torinese un chilo di droga alla settimana per un volume d’affari di un milione di euro l’anno. Si tratta del livello medio, quello che collega i grossisti con i piccoli spacciatori di Porta Palazzo e San Salvario. Alla fine i magistrati della Dda di Torino Maurizio Laudi e Roberto Sparagna decidono di chiedere al giudice la cattura di 39 persone.
Il rigetto
In realtà, quella richiesta, è stata quasi rigettata in toto. «Tenuto conto del probabile accesso ai riti alternativi - scrive il giudice Alessandro Prunas - e della possibile concessione delle attenuanti generiche, i tre anni di pena estinti con l’indulto, che acquistano la valenza di tre anni di pena già scontata, si estendono a gran parte delle pene che, in ipotesi di colpevolezza, saranno inflitte agli attuali indagati; attuali indagati che potranno, nelle ipotesi di colpevolezza accertata in via definitiva, immediatamente beneficiare di misure alternative alla detenzione quale l’ammissione alla semilibertà dopo aver espiato metà della pena e quindi, alla luce dei tre anni “indultati”, in tutti i casi di condanne fino a sei anni». Presumendo il giudice che il gruppo non possa essere condannato a più di sei anni, ha deciso di non farli arrestare. In manette sono quindi finiti, alla fine, solo in cinque: Carmelo Pirrotta, 44 anni di Moncalieri; Cesare Gramuglia (42) di Moncalieri; Mariano Mirengo (47), di Torino; Francesco Simone (47) di Torino e Oreste Scotti (30) di Beinasco. Per loro «sfortuna» aveva commesso reati anche dopo il 2 maggio 2006, data dell’indulto. Nel corso delle perquisizioni a uno dei «graziati», a Platì, è stato ritrovato un bunker. Era nascosto da una finta parete e i carabinieri sospettano fosse usata per nascondere latitanti.
Perquisizioni e ricorso
La procura ha subito presentato ricorso in Cassazione, rintracciando nel rigetto una violazione di legge. Può un Gip calcolare già anche la semilibertà come già data?


Qualunque altro commento è superfluo.

F.to
Comitato contro l'indulto
comitatocontroindulto@gmail.com

venerdì, novembre 09, 2007

 

APPELLO DI SALVATORE BORSELLINO PER IL MENSILE CASABLANCA

Appello di Salvatore Borsellino a Favore del mensile Casablanca:

Milano, 4 Novembre 2007. Ho ricevuto in questi giorni diversi mail e sms di giovani sinceramente disperati perche' Casablanca, un giornale che e' la continuazione ideale dei "Siciliani" di Pippo Fava, un giornale che faticosamente combatte a Catania contro l'indifferenza dei tanti e contro l'impero dei Ciancio, un giornale che combatte in trincea e non come noi dalle retrovie, sta per essere ucciso.
Ve ne riporto solo alcuni.Il primo e' un sms di una amica, appartenete a un gruppo di uomini, donne e ragazzi che non si arrenderanno mai, che ho avuto la fortuna di incontrare sulla rete nella mia incesssante ricerca di persone che vogliano combattere al mio fianco la mia ultima battaglia e che, dopo di me, possano continuare a combatterla.
Mi scrive :"Amico, sono abbattuta stasera. Casablanca e' in agomia. Se chiude... Pippo Fava viene ucciso di nuovo. Mi sento impotente, cosa posso fare?Dammi un consiglio perche' ho solo voglia di piangere...".
Voglio molto bene a questa amica dal volto sconosciuto perche' so che lottera' con me sino all'ultimo, e a questo nome e' ispirato il suo gruppo, e perche' spesso fa iniziare la mia giornata con un sms pieno di colori e di speranza, ma ho rimproverato anche lei perche' anche a lei ho gridato che non e' tempo di lacrime, e' tempo solo di lotta, le lacrime dovremo conservarcele, e saranno di gioia non di disperazione, per quando andremo da Paolo a dirgli che a tutti i morti e gli oppressi dalla mafia e dalla illegalita' avremo reso giustizia.
La seconda e' una email di cui riporto solo alcuni passi :"... Graziella mi dice che casablanca è in edicola, e non lo compra neanche chi in teoria dovrebbe fare antimafia, non lo compra nessuno delle associazioni antimafia, non lo comprano i vecchi compagni di partito, non lo comprano nemmeno gli amici e 3000 euro al mese d'affitto e di spese continuano a uscire... aiutatemi a trovare un pubblicitario, perchè se muore casablanca, è come aver lasciato morire Graziella, indebitatasi PER NOI, perchè casablanca non produce utili di alcun genere, ....cercasi qualcuno che vende spazi pubblicitari, con massima urgenza ... chiunque ascolti, risponda all'appello disperato,... ne va della vita dell'antimafia vera, se vogliamo produrre sul serio, serve una mano, per favore, aiutateci ......"
La terza mi parla di Graziella Rapisarda, che insieme a Riccardo Orioles faceca parte della redazione dei "Siciliani" e che ora combatte insieme a lui una disperata battaglia perche' Casbalanca possa continuare a vivere, e dice tra l'altro :"... ha aperto un mutuo sulla sua casa per pagare le spese di affitto, della redazione, le bollete della luce, ma adesso non ce la fa piu' a pagare le rate e la sua casa rischia di essere venduta all'asta. ......"
Ora dobbiamo decidere, se anche noi mescolarci ai tanti che fanno antimafia solo a parole, a quelli che aspettano che ci siano altri, giudici, magistati, poliziotti, giornalisti costretti anche per colpa nosta a diventare degli eroi, o se vogliamo fare anche noi quel poco che ciascuno di noi puo' fare per combattere insieme a loro.
Ci sono tante altre cose che possiamo e che dovremo fare, ci sarenno tante battaglie piu' dure e piu' difficili da combattere e questa che adesso vi chiedo e' solo una delle piu' semplici. Corriamo tutti ad aiutare chi sta per cadere, andiamo a fargli scudo con il nostro corpo. Non materialmente, le vere guerre non si combattono piu' cosi', e neanche facendo un obolo, una donazione di cui poi ci dimenticheremmo, perche' allora non avremo davvero fatto quello che potevamo e dovevamo fare. No, quello che possiamo e che dobbiamo fare e' leggere quello che questi combattenti in trincea scrivono e, con grande fatica, riescono a pubblicare, impegniamoci. E' dovere di ciascuno di noi comprare leggere e far leggere agli altri questo giornale, permettere che queste persone persono possano continuare a lottare anche per noi e insieme a noi..
Io non sono certo ricco, vivo del mio lavoro, continuo a lavorare anche se potrei gia' andare in pensione, e posseggo solo la casa in cui abito, ma siccome so di stare meglio di tanti altri che con il loro stipendio non arrivano alla fine del mese, non staro' certo a pensare a cosa dovro' rinunziare per fare la mia parte.Ppensero' invece a cosa dovrei rinunziare se non la facessi, alla mia liberta'.
Io comincero' quindi per primo, perche' e' mio dovere farlo anche per il mome che porto, a versare sul conto che vi indico in fondo 1500 euro per trenta abbonamenti come sostenitore di Casablanca.A ciascuno di voi chiedo di fare un semplice abbonamento per voi stessi, sono solo 30 euro, e di non pensare se per questo dovrete rinunziare ad un cinema o ad una pizza, avrete pero' anche voi acquistato uno spicchio di lberta'. So che ci sono anche alcuni di voi per i quali anche questo sacrificio potrebbe essere troppo, che non riescono nemmeno una volta al mese ad andare a mangiare una pizza o ad andare a cinema, scrivetemelo e vi mandero' una delle copie di Casablanca che mi arriveranno con il mio abbonamento e se non basteranno cerchero' di farne degli altri, ma Casablanca non deve, non puo' morire.
Pippo Fava non puo', non deve, essere ucciso ancora. Ci sono due modalita' per sostenere «Casablanca», per fare il vostro dovere, la prima e' tramite un bonifico bancario alle coordinate indicate di seguitoAbbonamento ordinario 30,00 Abbonamento Sostenitore 50,00 Bonifico Bancario Graziella Rapisarda Banca Popolare Italiana Catania Cc: 183088 ABI: 5164 CAB: 16903 CIN: M.
La seconda, tramite carta di credito, e' quella attraverso il sito di seguito indicato:
http://www.ritaatria.it/donazione_casablanca.aspx

Ancora un grazie a tutti voi per non avermi lasciato da solo in questa lotta per la giustizia.
Salvatore Borsellino
P.S. Per tutti quelli che ne hanno la possibilita : diffondete questo appello.
Noi del comitato contro l'indulto l'abbiamo fatto ora tocca a tutti i blogger che ci leggono. Grazie.
F.to
Comitato contro l'indulto
comitatocontroindulto@gmail.com

venerdì, novembre 02, 2007

 

COL SENNO DI POI

Scattano le prime espulsioni di Romeni: gli elenchi dei rumeni indesiderabili sono già stati compilati nelle questure di Roma, Milano, Napoli, Torino, Firenze. Pronti per essere firmati dai prefetti che da ieri, quando il presidente Napolitano ha firmato il decreto (che oggi sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale), hanno acquisito il potere di espellere "per motivi di pubblica sicurezza" i cittadini comunitari che "hanno compromesso la tutela della dignità umana o dei diritti fondamentali della persona o l'incolumità pubblica". In una parola, come recita il decreto varato dal governo dopo l'aggressione alla Reggiani, si tratta di quanti hanno rotto le regole "dell'ordinaria convivenza"(La Repubblica).
Insomma come sempre accade in Italia si ignorano le crepe anche se numerose, profonde e pericolose e si grida all’indignazione e allo scandalo solo dopo che, inevitabilmente, il tutto è crollato, portando con se morte e distruzione. Scrutare le statistiche (che davano già 10 anni fa i cittadini della ex-Jugoslavia, i marocchini, gli albanesi e i romeni ai vertici tra i cittadini comunitari ed extracomunitari che hanno compiuto reati in Italia – Immigrazione e criminalità PDF) , guardare alle esperienze vissute dagli altri Paesi e magari anche alle soluzioni adottate, insomma prevedere, non è compito dei nostri politici. Troppo stupidi, troppo ciechi, troppo chinati sui loro interessi di potere e denaro per trovare una soluzione ad un qualsiasi problema non tanto prima che questi si verifichino (saremmo allora governati da saggi illuminati) ma almeno prima che il loro aggravarsi possa comprometterne una possibile soluzione.
E così a noi cittadini italiani non ci rimane altro che rassegnarci e nel caso il problema rappresenti la nostra sicurezza, subire, senza colpo ferire, tutte le conseguenze del caso con al massimo la consolazione di poter maledire il giorno in cui siamo andati a votare magari prima per uno schieramento e poi per l’altro, illudendoci che in ciò in cui non era riuscito il primo forse il secondo poteva ancora porre rimedio. Una triste rassegnazione che sta lentamente (ma neanche tanto) portando il Paese alla catastrofe, già diventata orribile realtà per centinaia di migliaia di cittadini italiani dopo l’approvazione dell’indulto che ha reso possibile l’incremento esponenziale di strupri, massacri, rapine e tanti altri reati, e che continua ad abbattersi sulle nostre teste a causa della totale incompetenza di coloro che votati da noi dovrebbero lavorare per i nostri interessi, per il nostro bene comune piuttosto che per le loro aziende televisive private o per portare benefici alle loro coperative, ai loro ipermercati o per favorire scalate bancarie.
Questa volta a subire e morire è stata Giovanna Reggiani (Corriere della Sera), ma poteva essere una qualsiasi delle tante persone che hanno la sfortuna di abitare vicino ad un campo nomadi o di incappare in uno dei tanti malavitosi condannati e fuggiti dalla loro patria (come nel caso dell’assassino romeno, Nicolae Maelat, che nel 2006 era stato condannato in Romania a tre anni di reclusione per furto, ma la pena non è stata mai scontata dato che il romeno era partito per il nostro Paese) per rifugiarsi nel paradiso di impunità che prende il nome di Italia.
Così a crollo avvenuto si scatena una furibonda campagna mediatica che ha portato infine, sull’onda dell’indignazione provocato da quest’ultima tragedia (Fini, si indigna, Prodi si indigna ed entrambi fino ad oggi non hanno fatto assolutamente nulla, nonostante il primo sia stato al governo per 5 anni e l’altro lo sia attualmente da oltre un anno e mezzo – La Stampa), a trasformare in decreto legge, e perciò a renderlo attuabile subito dopo la firma del Presidente della Repubblica (posta da Napolitano in meno di 24 ore) una parte del famoso pacchetto sicurezza del ministro Amato che riguardava la possibilità di espellere dall’Italia anche cittadini comunitari (appartenenti cioè alle nazioni aderenti alla Comunità Europea), modificato per l’occasione in modo da limitarne l’ingresso per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, o ancora per i motivi previsti dalla normativa comunitaria (vecchia di alcuni anni e mai recepita dai governi italiani) e cioè quando il comportamento del comunitario compromette la dignità umana, i diritti fondamentali della persona, oppure compromette l’incolumità pubblica , rendendo la sua permanenza sul territorio nazionale incompatibile con l’ordinaria convivenza.
Ma veramente questa valanga di espulsioni aggiusterà le cose (se mai ci sarà)? Potremmo finalmente passeggiare nelle nostre vie, nei nostri parchi, nelle nostre città senza temere che qualcuno ci strupri, ci rapini o ci uccida? Oppure è un’altra delle tante farse italiane creata ad arte dai nostri politici (e dai media loro complici) per dare ai polli (i cittadini italiani) quel magime da tempo negato e per cui ora giustamente gridano furiosi (la sicurezza)?
Se analizziamo il famoso decreto (testo modificato del decreto) leggendo nei diversi commi che regolano il procedimento in parole povere si dice che un cittadino comunitario rientra nella sfera di interesse del decreto quando la sua permanenza in Italia non garantisce più l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza, o il suo comportamento compromette la dignità umana, i diritti fondamentali della persona, oppure l’incolumità pubblica.
Tramite il comma 7 si dice che gli si deve notificare un provvedimento di esplusione e nel comma 7 bis si dice che tale provvedimento (solo per motivi di ordine pubblico) può essere notificato già dal prefetto territorialmente competente e deve essere rispettato entro un mese dalla data della notifica (fatti salvi i casi di comprovata urgenza) mentre per motivi imperativi di pubblica sicurezza il provvedimento di allontanamento è immediatamente eseguito dal questore e si applicano le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Il comma 7 ter aggiunge quei motivi di sucurezza, già descritti, riportati dalla normativa comunitaria e finora mai recepiti dalla legislazione italiana, mentre le modifiche al DL 30 del 6 febbraio 2007 permettono di stabilire che oltre al provvedimento di espulsione viene consegnata un’attestazione di obbligo di allontanamento che dovrà essere consegnata presso il consolato italiano presente nel Paese di cittadinanza dell’allontanato e qualora questi non lo faccia e venga trovato ancora in Italia regolano la pena da infliggere con l’arresto da un mese a sei mesi e con l’ammenda da 200 a 2.000 euro.
Questo in breve quanto stabilisce la legge tramite le modifiche che vengono attuate dal decreto sicurezza Amato.
Ma in pratica cosa succederà? Niente di ciò che succedeva fino a ieri con la sola differenza che la legge verrà eseguita nei minimi particolari fino a quando l’attenzione dei media non si sposterà su un’altro problema e gli italiani non si accorgeranno di avere un’altra emergenza oramai già scoppiata; così si accompagneranno alla frontiera i cittadini comunitari che potranno ledere l’ordine pubblico o per motivi di pubblica sicurezza e dato che la normativa di fatto potrà impedire anche l’ingresso di tali cittadini comunitari è da compredere chi alla frontiera verrà considerato degno di entrare e chi no, cioè con quale metodo si comprenderà chi potrà interessare l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza e chi invece no. (useranno i nostri funzionari di frontiera una palla di vetro o si rivolgeranno a medium specializzati?).
Dopodichè si aspetterà che l’interesse sulla questione vada scemando (non tanto nella gente quanto nei media che cominceranno a parlarne e scriverne sempre meno), in modo poi da fare come sempre si è fatto con i cittadini extracomunitari non provvisti di permesso di soggiorno, cioè si consegnerà al cittadino comunitario un foglio di espulsione e si spererà che il suo buon cuore e il suo innato rispetto per le leggi, sopratutto per quelle italiane, superi la sua voglia di rimanere nel nostro Paese e tutto questo entro 30 giorni dalla consegna del decreto di espulsione.
Pericò come già detto, appunto, non cambierà assolutamente niente. Se poi consideriamo le pene derivanti dall’infrazione di tale apparato normativo ci viene solo da ridere (o sarebbe meglio dire piangere) quando si comminano sanzioni pecuniarie tra i 200 e i 2.000 euro che non si capisce come, ad esempio un rom, potrà pagare se, come spesso accade, non si comproverà il di lui possesso di un qualche bene (verranno confiscate le baracche e i poveri rottami che dentro si trovano?) o l’arresto da un mese a sei mesi o al massimo, in caso di reingresso dell’espulso nel territorio italiano, trovato senza permesso di soggiorno da uno fino ad un massimo di cinque anni. (art. 14 comma 5 quater del D. Lgs. 286/1998).
Considerando che in Italia è praticamente impossibile, come già dimostrato nei post precedenti, andare in galera se non per pene molto alte, a causa di tutta una serie di leggi e regolamenti ipergarantisti, alla fine sarà quasi impossibile punire coloro che non hanno rispettato il provvedimento di espulsione. La stessa cosa che appunto già accade per i cittadini extracomunitari.
Ma la chicca, la ciliegina sulla torta, il colpo di genio viene inflitto dal famoso e già citato art. 21 del DL 30 del 6 febbraio 2007, a cui il decreto Amato apporta alcune modifiche dimenticandosi però il suo punto più importante e cioè la parte di tale articolo che dice: Il provvedimento di allontanamento di cui al comma 1 non puo' prevedere un divieto di reingresso sul territorio nazionale. Come a dire che anche se hai espulso o non fatto entrare in Italia un cittadino comunitario non puoi in futuro negargli il reingresso sul territorio nazionale. Anzi proprio l’art. 7 bis del decreto Amato regola a 3 anni l’impossibilità di rientro.
Cioè in poche parole prima o poi questi li devi fare entrare, volente o dolente.
Insomma se è pur vero che in un modo o in un’altro bisognava regolamentare il flusso migratorio anche dei cittadini comunitari (sopratutto di quelle nazioni da poco entrate in Europa e non certo brillanti per sviluppo economico e/o sociale), ma necessita anche comprendere bene e senza pregiudiziali ideologiche se è vero che l’aumento della criminalità sia dovuto all’aumento di immigrati e da ciò trarre le dovute conclusioni, sopraututto quando una ricerca dell'UE confuta il legame tra immigrazione e aumento del criminalità (f1rst).
Ma allora come procedere, come difendersi e come riportare la tranquillità tra le sempre più disastrate città italiane e i sempre più numerosi casi di reati gravi inflitti agli indifesi cittadini italiani? Forse la cosa più giusta, l’ovvio, sarebbe stato semplicemente fare rispettare la legge e sopratutto punire severamente coloro, italiani o immigrati, comunitari o extracomunitari, clandestini o con regolare permesso di soggiorno, commettono reati ed in più oltre che stabilire una pena giusta a seconda del tipo di reato (quelle attuali per molti di questi sono ridicole o sono semplicemente dei numeri sulla carta disattesi nella realtà) garantire con fermezza assoluta lo sconto totale della pena negli istituti penitenziari. L’ovvio appunto.
Ma ciò che per noi risulta ovvio per i nostri politici è fantascienza. Oltre ad aver creato leggi assurde, regolamenti ipergarantisti, loro, tutti uniti, hanno permesso anche la bestemmia dell’indulto incuranti di ciò che avrebbe provocato e continuerà a provocare negli anni a venire. Incuranti degli stupri, degli assassinii, delle rapine, dei furti e di tanti altri gravissimi danni che gli italiani subiscono ogni giorno a causa di scellerate scelte politiche. Incuranti delle tante Giovanna Reggiani della nostra penisola, per cui l’unico atto dignitoso ancora possibile dall’intera classe politica italiana è solo quello di vergognarsi e chiedere perdono e possibilmente anche ritirarsi dalla politica in via definitiva.

F.to
Comitato contro l’indulto
comitatocontroindulto@gmail.com

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