venerdì, dicembre 07, 2007

 

CRONACA DI UNA MORTE ANNUNCIATA

Non si tratta solo della morte dei 2 operai (fino ad ora, ma probabilmente il numero aumenterà a causa delle gravissime ustioni che gli altri 5 feriti hanno riportato) delle acciaierie ThyssenKrupp di Torino (La Stampa), ma anche della morte dell’intera società italiana. Una società diventata secondo l’ultima analisi del Censis povera, aggressiva e litigiosa, malfidente verso la politica e i politici tutti, costretta a vivere in territori completamente gestiti dalla criminalità, sofferente per la mancanza di sicurezza della pena verso chi commette reati e di giustizia verso chi li subisce (leggi indulto). Un Paese che ha quasi cancellato la sua memoria storica, le sue battaglie per i diritti dei lavoratori, per la legalità, per un salario dignitoso, per, aggiungiamo, un vivere dignitoso. Un pasticcio brutto senza identità collettiva, come dice il Censis, invaso dai telefonini e che non pensa più al proprio futuro.
Un Paese che oramai vive una realtà quasi da terzo mondo o meglio così lo vorrebbero i nostri industriali, la nostra classe dirigente, i nostri padroni (un termine che in futuro vedrete rispolverato molto spesso).

Quando in una nazione che si crede moderna e socialmente sviluppata abbiamo una media di circa 1300 morti sul lavoro ogni anno (fonte Inail – PDF), senza contare gli incidenti più o meno gravi (oltre un milione) che causano decine di migliaia di invalidi permanenti (abbiamo anche il record europeo – Lavocedifiore) significa che non siamo poi così diversi da quei paesi che indichiamo come sottosviluppati, come incivili, come sfruttatori.

Apriamo i quotidiani e leggiamo:

Cina, esplosione in miniera: 105 morti (Corriere della Sera)

Torino, esplosione alla ThyssenKrupp: 1 morto e 6 feriti (ad oggi 2 morti…) (AdnKronos)

Dove sta la differenza? Cosa ci distanzia da un Paese che ha fatto del profitto ad ogni costo, del mancato rispetto della dignità e dei diritti dei lavoratori e dell’assenza totale di ogni regola sulla sicurezza sul lavoro la sua ragione di sviluppo? Oramai più nulla.

Con lo spettro della globalizzazione ci hanno fatto credere che non possiamo più permetterci di lavorare 8 ore al giorno per mantenerci dignitosamente (l’operaio morto a Torino lavorava dopo aver finito il suo turno ad un’altro di 4 ore, cioè lavorava ininterrottamente per 12 ore); ci hanno fatto credere che non possiamo più chiedere che si spendano soldi in sicurezza (3 dei 5 estintori del reparto incendiato nelle acciaierie erano vuoti ed il telefono di emergenza non funzionava); ci hanno fatto credere che è giusto rinunciare al nostro TFR, alle ferie pagate, alla pensione; ci hanno fatto credere che il lavoro (il lavoratore) è uguale a tutte le altre merci di scambio e che va usato solo quando necessario all’azienda perché sarebbe un peso economico non sopportabile assumerne con un contratto a tempo indeterminato. Insomma ci hanno fatto regredire di oltre 100 anni e noi, stupido popolino incosciente siamo stati al loro gioco.

Per la paura della Cina, dell'India, delle economie in via di sviluppo (oltre che economico anche sociale) ci siamo venduti il nostro futuro e quello delle generazioni a venire. E l’abbiamo fatto senza colpo ferire. Senza sussulti, senza proteste, senza battaglie.

E ora non ci rimane che stare zitti, assistere allo sfacelo e contare i morti.

F.to
Comitato contro l’indulto
comitatocontroindulto@gmail.com

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